Quello dell’ippodromo di Varese è un bel pasticcio.
La Società varesina incremento corse cavalli che a fronte di mancati pagamenti usa i mezzi forti (chiusura dell’accesso alla pista per il galoppo, tra l’altro di proprietà comunale) per convincere i morosi ad onorare i loro debiti.
Allenatori e proprietari dei cavalli che protestano per il mancato accesso alla pista portandoli in piazza, e accusano la proprietà di mettere in pericolo il loro benessere impedendone l’allenamento.
Il tutto sull’orlo di un possibile futuro cambio di gestione dell’impianto che ha un grandissimo bisogno di manutenzioni, a partire dalle piste del galoppo.
Dove sta la ragione? Mica facile dare un giudizio su una situazione così complessa dall’esterno, senza tuffarsi con gli stivali e tutto nella bagarre generale.
Però una cosa anche da fuori la sentiamo bene: cioè il rischio di strumentalizzare la questione del benessere animale.
Che non è in realtà così strettamente connesso all’allenamento: quello che è indispensabile al benessere del cavallo è il movimento in quantità adeguata, con una alimentazione proporzionata all’effettivo dispendio energetico.
Detto in soldoni: i cavalli alle Bettole di Varese possono benissimo essere fatti passeggiare a mano, e anche usare la pista da allenamento coperta.
Gli si può adeguare la razione diminuendola se il caso, esattamente come succede quando un cavallo in allenamento si infortuna e deve stare fermo: capita, eccome se capita.
Qualsiasi buon capo scuderia, qualsiasi allenatore sa bene cosa fare in questo genere di occorrenze, è il suo lavoro di tutti i giorni.
I problemi veri sono altri: cioè che l’allenamento mancato condiziona negativamente il rendimento sportivo dei prossimi mesi e i risultati delle corse future.
Che un ippodromo a cui non viene fatta la manutenzione sufficiente e le cui strutture sono inadeguate è un posto non sicuro sia per i cavalli che per gli uomini che lavorano loro attorno.
E che allenatori e proprietari fanno sempre più fatica a sostenere i costi di gestione dei cavalli in attività, con premi che (quando arrivano) sono sempre più bassi e non riconoscono lo sforzo che richiede un modus operandi professionale.
Il benessere dei cavalli da corsa è direttamente proporzionale al benessere delle persone che se ne occupano: una condizione sempre più difficile e faticosa da realizzare.
Tutti, veramente tutti stanno parlando del benessere di questi cavalli usandolo in modo strumentale, come un’arma impropria con cui colpire l’avversario del momento.
Gli unici a stare zitti sono proprio loro, i cavalli: e forse è davvero meglio per tutti.